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domingo, 19 de dezembro de 2010

PRESENTATA L'EDIZIONE 2010 DEL RAPPORTO "ITALIANI NEL MONDO" DELLA FONDAZIONE MIGRANTES

La presentazione a Roma, lo scorso 2 dicembre, della V edizione del “Rapporto Italiani nel Mondo”, promosso dalla Fondazione Migrantes, permette di raccontare l’emigrazione italiana con nuovi dati aggiornati.

All’8 aprile 2010, i cittadini italiani iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero erano 4.028.370, il 6,7% degli oltre 60 milioni di residenti in Italia, un numero quasi pari a quello degli stranieri residenti nel nostro Paese. L’aumento è stato di 113mila unità rispetto all’anno precedente. Contrariamente a quanto si pensa, infatti, quella degli Italiani nel mondo è una presenza in aumento. Al termine di più di un secolo e mezzo di flussi migratori, questa presenza può definirsi in prevalenza euro-americana, come attestano le quote di pertinenza di ciascun continente: Europa (55,3%), America (39,3%) e, molto più distanziate, Oceania (3,2%), Africa (1,3%) e Asia (0,9%).
Tra i Paesi di insediamento, l’Argentina supera di poco la Germania (entrambe oltre le 600 mila unità), la Svizzera accoglie mezzo milione di italiani, la Francia si ferma a 370mila, il Brasile raggiunge i 273mila e Australia, Venezuela e Spagna superano le 100mila unità.

Tra gli italiani residenti all’estero, più della metà non è sposato, quasi la metà è costituita da donne, più di un terzo è nato all’estero, mentre 121mila si sono iscritti dopo aver acquisito la cittadinanza. I minorenni sono un sesto del totale, ma sono superati dagli ultrasessantacinquenni (18,2%) di quasi tre punti.

All’estero, oltre agli italiani che hanno mantenuto o acquisito la cittadinanza, quindi con passaporto e diritto di voto, vi sono gli oriundi, quasi 80 milioni secondo una recente stima dei Padri Scalabriniani basata sulle fonti dei diversi Paesi: 25 milioni in Brasile, 20 in Argentina, 17,8 negli Stati Uniti e in Francia, 1,5 in Canada, 1,3 in Uruguay, 0,8 in Australia, 0,7 in Germania, 0,5 sia in Svizzera che in Perù e, quindi, altri Paesi con un numero minore, fino a superare ampiamente la popolazione residente in Italia.

ANCORA FLUSSI ANNUALI DI NOTEVOLE CONSISTENZA.
In Italia i flussi con l’estero si sono ormai ridotti: un po’ più di 50mila l’anno quelli in uscita, e un po’ di meno quelli di ritorno. Bisogna mettere in conto che le partenze, specialmente quelle dei giovani, inizialmente hanno un carattere di sperimentazione, per cui i protagonisti non provvedono alla cancellazione anagrafica presso il proprio Comune, con la riserva di formalizzarla solo quando la permanenza all’estero sia diventata stabile. La consistenza degli italiani all’estero si rafforza anche con le nuove nascite e con le acquisizioni di cittadinanza. Nel complesso, tra spostamenti interni e verso l’estero, in andata e in rientro, temporanei o di lungo raggio, italiani che vanno o che ritornano, si arriva a quasi 400mila spostamenti totali in uscita, 1 ogni 150 residenti.

ALL’ESTERO, MIGRANTI “COMUNI” E “CERVELLI CREATIVI”.
L’emigrazione italiana è stata, in prevalenza, un’epopea popolare, fatta di povera gente e a costo di notevoli sofferenze, ma complessivamente gli italiani sono riusciti a raggiungere un positivo e stabile inserimento sul posto. La Fondazione Migrantes conduce annualmente un’indagine sulle attuali condizioni dei connazionali residenti all’estero. Nel 2010 l’attenzione si è concentrata su cinque Paesi (Canada, Francia, Regno Unito, Romania e Spagna), dove sono stati somministrati 649 questionari con la collaborazione di patronati, associazioni e sindacati. Le risposte date evidenziano che questi emigrati “comuni” hanno un’istruzione secondaria medio-alta (67,2%), si sentono per lo più integrati nel Paese di accoglienza, dove non hanno problemi di lingua, sono proprietari di casa e si ritengono soddisfatti del lavoro che conducono. Non pensano di rientrare in Italia, ma ci tengono a precisare che quanto da loro conquistato è il frutto di anni di sacrificio e di un percorso di vita in cui hanno dovuto affrontare e superare prove dure ma inevitabili. Insomma, l’immagine di una emigrazione matura e consapevole, che merita una riconsiderazione da parte italiana. Non è disponibile un censimento completo dei ricercatori all’estero, ma di essi 2mila si sono iscritti alla banca dati “Davinci”, pressoché da tutte le più importanti università del mondo, oltre che, seppure in pochi, da alcune imprese. Solo 1 su 4 intenderebbe ritornare in Italia, mentre gli altri si dicono soddisfatti della vita condotta all’estero, dal punto di vista sia sociale che lavorativo.

Dalla graduatoria Top Italian Scientists risulta che l’Italia ha i suoi più bravi scienziati all’estero, dove i più hanno realizzato il loro percorso professionale: dei 12 italiani insigniti del premio Nobel in chimica, fisica e medicina, solo Giulio Natta (Nobel nel 1963) condusse le sue ricerche interamente in Italia. Una curiosa graduatoria è quella che descrive la classifica degli scienziati italiani attraverso l’indice di Hirsch (h-index) che misura il grado di performance della produttività degli scienziati, che nel mese di ottobre 2010 ha richiamato l’attenzione della stampa. Da essa risulta che solo 7 scienziati su 10 lavorano ancora in Italia, mentre tra quelli registrati nella parte alta della graduatoria ben i due terzi si trovano all’estero.
La recente indagine (2010) sui ricercatori italiani all’estero, svolta dal Centro Nazionale delle Ricerche sulla Popolazione/CNR, conferma che in prevalenza si tratta di giovani (anche se non più giovanissimi), all’estero da più di dieci anni (ma nei due terzi dei casi ancora con la cittadinanza italiana), in prevalenza impegnati nelle materie scientifiche e riconoscenti per avere trovato all’estero una maggiore gratificazione professionale, le attrezzature necessarie e i fondi indispensabili.

LA LINGUA E LA CULTURA ITALIANA ALL’ESTERO.
Da un lato, i dati del Ministero degli Affari Esteri porterebbero a essere ancora oggi orgogliosi: 23.988 corsi di lingua italiana (curricolari, extracurricolari, per adulti) nel mondo, anche con la collaborazione di enti, associazioni, comitati e scuole locali, per un totale di 393.897 allievi. In particolare, quasi tutti i 92 istituti italiani di cultura sparsi nel mondo organizzano corsi di lingua italiana (7.147 corsi e 73.106 iscritti) e ad essi si affiancano i 416 comitati all’estero della Società Dante Alighieri (6.760 corsi e 205.800 studenti, oltre che 5.000 manifestazioni culturali e 300 biblioteche con oltre 500.000 volumi). I dati ministeriali includono anche 186 scuole italiane e 114 sezioni italiane presso scuole straniere (30.662 alunni), 33 scuole europee con 2.000 alunni italiani, 418 lettori italiani presso università estere in 90 diversi Paesi e centinaia di unità tra personale docente e non docente. A essere realisti, d’altra parte, si dovrebbe essere preoccupati, perché lo studio dell’italiano sta perdendo posizioni, vengono privilegiate lingue più funzionali agli interessi economici e lavorativi e anche nell’Unione si propende verso il trilinguismo (inglese, tedesco e francese). Uno dei pochi eventi in controtendenza si è riscontrato nella Federazione Russa (novembre 2007), dove l’italiano è stato inserito nel sistema scolastico pubblico, mentre un andamento di segno opposto si è avuto negli Stati Uniti. Per il mondo dell’emigrazione vanno ricordati i 790 media in lingua italiana: 480 giornali, 265 programmi radiofonici, 45 programmi televisivi e quasi mille comunicatori italiani o di origine italiana nel mondo. Non hanno più l’efficacia del passato, quando il mondo della comunicazione era meno globale, ma si adoperano per conservare la lingua tra gli italiani e per diffonderla loro tramite.

IL FUTURO INCERTO DELLA PRESENZA ECONOMICA ITALIANA ALL’ESTERO.
Nel 2009 il fatturato estero delle imprese italiane è crollato (290 miliardi di euro, -20,7% rispetto all’anno precedente). Alla carente capacità di innovare i prodotti si è aggiunto il calo della domanda internazionale. Solo in Cina, di cui siamo i terzi fornitori di merci e dove operano duemila aziende italiane, sono state incrementate le vendite del 3,5% anche nel 2009 (vendite che, comunque, incidono per appena due punti percentuali sul totale). Sarà di buon auspicio il grande successo riscosso dal padiglione dell’Expo di Shanghai (il più visitato dopo quello cinese) dove già operano 1.642 italiani, imprenditori e manager, presso filiali locali italiane o strutture produttive? In effetti, non manca qualche chance per i prodotti di qualità italiana, essendo scontato che la Cina diventerà ben presto il più importante mercato del lusso.

VERSO UNA NUOVA MENTALITÀ.
Secondo mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, “affinché l’Italia riassuma il suo ruolo e rivitalizzi il dinamismo del passato, è indispensabile un aiuto di ritorno da parte degli emigrati italiani, protagonisti in paesi le cui esperienze presentano stimoli utili. Solo così si potrà riattivare un dinamismo rimasto inceppato e rinascerà la convinzione che l’Italia può riprendersi e cambiare in meglio. Questo è l’aiuto concreto che gli italiani nel mondo possono fornire in occasione del 150° anniversario dell’Unità di Italia”. Quello che serve, da una parte e dall’altra, è questa nuova mentalità. Le azioni concrete, senz’altro, seguiranno. Il messaggio del Rapporto Italiani nel Mondo 2010 è che l’emigrazione italiana non è una realtà morta: basta solo riscoprirla. Dagli emigrati e dai loro discendenti, sulla base delle esperienze fatte nei paesi di adozione, possono provenire preziosi stimoli a sostegno di un paese in affanno. (ItalPlanet News)

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